sabato 17 gennaio 2015

Segreti e vantaggi del ritorno alla Lira: ecco perche' e chi ostacolerebbe il processo di conversione ed uscita dall' Euro !!!

Un ritorno alla lira peserebbe soprattutto su quelle banche che si sono indebitati (per vantaggi fiscali) con legislazioni estere

di Franco Ferré

Nel benemerito convegno per il terzo compleanno di Goofynomics tenutosi qualche settimana fa a Pescara, uno dei pochi punti su cui si sono registrate delle imprecisioni è nel dibattito sul concetto di conversione dei bond emessi in euro e, più in generale, la ridenominazione in nuove lire dei debiti originariamente in euro. 

É strano, perché del tema si parla da anni, e mi aspettavo che, su questioni come questa, il dato fosse ormai acquisito, in particolare tra gente che vive occupandosi di economia, ma non era così: ad esempio Andreas Boltho ha insistito sul concetto che gli emittenti italiani si troverebbero a dover ripagare in euro dei debiti contratti in euro, e dovrebbero farlo comparandoli contro lire (svalutate).

Questo ha fatto pensare che ci sia bisogno di un ripassino, anche perché ci sono aspetti del problema che non sono banali e che costituiscono forse uno dei punti più critici del futuro, probabilmente inevitabile, ritorno alla lira. Tutto ruota intorno al concetto chiave di giurisdizione che regola il debito. La giurisdizione stabilisce che legge seguono i debiti al verificarsi di alcuni eventi, generalmente quelli non previsti dalle norme che li hanno costituiti, oppure per quelli prevedibili, ma poco frequenti, come ad esempio il CAMBIO DELLA MONETA CON CORSO LEGALE NEL PAESE DI GIURISDIZIONE.
Questo evento é già accaduto per i debiti italiani nel 2001 con il passaggio all’Euro, e accadrebbe di nuovo, se dovessimo tornare alla Lira, con la notevole differenza che allora il rapporto di conversione tra vecchia e nuova moneta era fisso e tale rimaneva, perché la vecchia moneta andava fuori corso, mentre stavolta la vecchia moneta (che sarebbe l’Euro) rimarrebbe valida in altri paesi. Ciò significa che, dopo il primo giorno, il rapporto di cambio con la Nuova Lira non sarebbe più 1 a 1, ma inferiore, in una misura che, a regime, ipotizziamo ai fini dei prossimi ragionamenti possa essere del 30% (è un valore alto, probabilmente esagerato: la differenza cumulata di inflazione tra noi e la Germania è inferiore, anche se questo fattore non sempre spiega l’andamento dei mercati dei cambi, ma questo è un discorso più ampio).

Torniamo alla giurisdizione. Se l’Italia uscisse dall’Euro ed adottasse le ipotetiche Nuove Lire (NL), ai debiti regolati dalla legge italiana si applicherebbero una serie di disposizioni del Codice Civile, note nel loro complesso come Lex Monetae; esse stabiliscono, in sostanza, che un debito nato in Euro potrà essere ripagato in Nuove Lire al cambio stabilito al momento della conversione della moneta a corso legale. Per un creditore italiano, ciò renderebbe indifferente quello che succederà dopo. Un debito in Euro sarà rimborsato in NL e dato che il creditore vive in Italia e compra beni in NL, per lui non cambia nulla. L’investitore straniero, invece, ci perde, perché, una volta ricevuto il pagamento, dovrà convertire le Nuove Lire nella sua valuta e, con la svalutazione ipotizzata al 30%, prenderebbe solo 0,7 Euro. Male, ma non gliel’ha mica ordinato il dottore di comprare titoli di un paese che stava per essere stritolato dall’Euro; e poi quel rischio era già stato ripagato dal tasso di interesse, più alto rispetto a quei paesi (un esempio a caso: la Germania) che nell’Euro ci stavano bene e per i quali l’evento “uscita” era meno probabile. It’s the economy, stupid: se hai un rendimento è perchè stai correndo un rischio. Niente e nessuno deve garantirti che, a fronte di un rendimento (neanche piccolo), tu non debba mai e poi mai perderci nulla (vero Frau Merkel?).

La Lex Monetae, abbiamo detto, funziona solo per i debiti contratti con la legge italiana, mentre per i debiti contratti secondo il diritto estero no. Quindi, se l’Italia esce dall’Euro e poi svaluta, tanto più gli emittenti italiani hanno debiti regolati dal diritto domestico e tanto meno – da questo punto di vista – sarà un problema uscire. La domanda, a questo punto, diventa di tipo statistico:quanto debito abbiamo in giurisdizione italiana e quanto è regolato dalla legislazione di qualcun altro?
Il debito complessivo di un paese è la somma di tutti i debiti contratti dai vari soggetti residenti (stato, banche, altri soggetti non bancari), classificati a seconda della modalità con la quale essi sono strutturati, che spesso coincide con l’orizzonte della durata del debito stesso. Avremo quindi debiti a breve e debiti a medio lungo termine. I debiti a breve sono contratti molto spesso regolati da strumenti molto semplici come lo scoperto di conto corrente, il fido di cassa, oppure i debiti di fornitura commerciali: stiamo parlando di obbligazioni per lo più tra residenti (chi va a farsi fare un fido di cassa su un conto corrente presso una banca all’estero?) con somme da ripagare in tempi ristretti. Questi debiti seguono la Lex Monetae o, se non la seguono, vedranno oscillazioni piccole, dato il limitato lasso temporale in cui maturano.

Tra i debiti a medio lungo termine, i mutui sono anch’essi stipulati in grandissima parte verso banche italiane (e ai fini della Lex Monetae, sono italiane anche le filiali di banche estere) quindi non sfuggono alla ridenominazione. La grande parte dei debiti che potrebbero non seguire la Lex Monetae sono le altre tipologie di obbligazione a medio lungo termine, tipicamente strutturate, che possiamo racchiudere nel termine inglese Bond. Questi, infatti, possono essere emessi da soggetti italiani anche secondo la giurisdizione di altri paesi, quindi per questo tipo di debito il problema della conversione si pone.
Per capire le dimensioni del problema é fondamentale valutare i numeri. Quanti sono i Bond emessi da soggetti italiani secondo giurisdizione non italiana?
Dal punto di vista tecnico, nessuno degli elementi visibili di un Bond permette di stabilire con certezza la sua giurisdizione, dopodiché i primi due caratteri del codice ISIN, insieme alla valuta di emissione, possono essere una buona approssimazione. L’ISIN è visibile sia nei prospetti di emissione, sia in tutte le piattaforme di trading on line operative in rete.
fonte: 
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews.php?idx=6&pg=9722

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